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  1. Ludo-chan
     
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    In The Palace



    Cammini. Le tue gambe si muovono da sole, hanno memorizzato quel percorso anni orsono.
    Mentre i tuoi arti procedono automaticamente la tua mente è altrove.
    Continui a ripetere quelle parole, quelle frasi.
    Vuoi imprimerle nella tua mente, devi imprimerle nella tua mente.

    Quante volte le avrai ripetute? Dieci… Venti… Trenta… ? No, molte di più.

    Forse stai esagerando. Stai diventando uno psicopatico, no, aspetta, lo eri già.

    Riempire la tua testa di contorti discorsi servirà davvero a qualcosa?

    Riuscirai a concludere la tua tortura così? La risposta la conosci già, ma la vuoi sostituire con quelli inutili discorsi.

    Mentire a te stesso è la strada giusta? Tante, troppe domande. Ora basta.

    Ti rendi conto che sei giunto alla tua meta.

    L’imponente portone che ti condurrà alla tua salvezza, o che renderà eterno il tuo supplizio, è lì, davanti a te, che attende solo che tu lo apra.

    Inspiri. Espiri.

    Se hai imparato qualcosa da quelle serie poliziesche che guardavi privo di interesse sulla Terra è che un’espressione leggermente sospetta e sei fregato. E questa volta per sempre.

    Assumi la tua postura insolente ma al tempo stesso elegante e fai il tuo ingresso nella grande sala.

    Nessuno sembra notare la falsità del tuo sorrisetto spavaldo, il tremore delle tue mani o il sudore che ti gocciola sulla nuca. Non sei mai stato così felice della tua lunga chioma come ora.

    Tutti sembrano vedere il solito mago di mezz’età egoista e spilorcio.

    Sorridi mentalmente e questa volta sinceramente. Tutto secondo i piani, o almeno per ora.

    -Alchimie.- senti il tuo nome chiaro e forte.

    E’ la donna al centro della sala a parlare. Ha lasciato sciolti i lunghi capelli color limone. Indossa un vestito semplice, o almeno per la sua posizione sociale. I suoi occhi ametisti ti fissano inespressivi.

    Un passo falso ed è finita. Ti avrebbero sicuramente sbattuto in una piccola cella maleodorante.

    -Buongiorno sua maestà. E’ un piacere rivederla.- Un saluto garbale e onorifico ti sembra la cosa migliore per iniziare la conversazione con la donna più influente di Extramondo.

    L’espressione della sovrana rimane immutata.

    Puff, quanto odi le persone che se la tirano.

    -Suppongo tu voglia sapere il motivo per cui ti abbiamo convocato a palazzo, Alchimie.- dice con voce fredda lei.

    Non ci puoi credere. Seriamente, questa è davvero Vanilla Mieux? La stessa ragazzina timida e indifesa che era stata incoronata regina quasi per caso?

    Oh, be’, in ogni caso far attendere una regina non ti sembra una grande mossa.

    -Oh, sì, mi piacerebbe molto sapere perché mi trovo qui, però solo se è il vero perché.- Rischi, sai che questa frase potrebbe accelerare il tuo arresto, però sai anche che se ti ha chiamato, la regina, ha bisogno di te.

    La regina esita a rispondere. Centro.

    -Credo sia meglio parlarne in un altro luogo.- fa lei alzandosi dal suo trono. Di bene in meglio.

    Le guardie stanno per seguirla ma lei gli fa segno di rimanere ai loro posti.

    -Sono sicura che Alchimie non mi farà del male, sa benissimo a cosa andrebbe incontro.- Nonostante le sue parole sai di averla messa alle strette.

    Ti complimenti con te stesso, in meno di dieci minuti sei riuscito a prendere in mano la situazione.

    La regina è già dall’altra parte della stanza, così ti affretti a raggiungerla.

    Quando passi davanti alle guardie gli lanci un’occhiata sprezzante e riprendi la tua camminata. Anche se non lo ammetterai mai provi pietà per quei poveri uomini al servizio di ideali ormai inesistenti.

    La donna passa per una porticina nell’angolo della stanza e tu la imiti.

    Percorrete diversi corridoi in un silenzio tombale.

    Finalmente la sovrana si ferma. Apre la porta davanti a sé e ti dice di seguirla.

    Eseguito il comando ti ritrovi in una saletta angusta, con i muri e il pavimento bianco. Alcuni divanetti del medesimo colore sono posizionati al centro della stanza, ti sembra tanto uno di quei deprimenti ospedali terrestri.

    La donna si siede e anche tu ti accomodi davanti a lei. Allarghi le braccia per appoggiarle sullo schienale del divano. Speri che quella posizione svogliata giochi a tuo favore.

    -Allora, perché mi trovo qui?- Le domandi spezzando il silenzio. Incidi su quell’avverbio di esclamazione, nel vano tentativo che ti dica la verità.

    -Extramondo è in pericolo.- Ti inclini avvicinandoti alla regina. Hai capito bene? “Extramondo è in pericolo.”? “ma come siamo articolati.” E’ il primo, comico, commento, che ti è passato per la mente. Decisamente inadatto alla situazione, meglio lasciarlo dov’è nato.

    Comunque non riesci a capire. Perché te? Perché ha chiamato te per risolvere una simile questione?

    -E chi minaccerebbe la quiete del nostro pianeta?- TI sembra la domanda migliore, dopo aver ricevuto l’enigmatica notizia di poco fa.

    -Gli Orchi.- Oh, adesso si spiega tutto.


    Ring



    La regina non ti ha voluto dire nient’altro. L’hai persuasa in ogni modo, ma nulla. Poi a un certo punto, senza alcun preavviso, si alza e ti chiede di seguirla.

    Ti conduce all’esterno del palazzo, in un luogo isolato, senza nessuna guardia. Non ti sembra una grande mossa, o almeno per lei.

    Valuti l’occasione di ferirla e poi scappare, lasciandola esanime sul suolo, ma dopo aver notato la telecamera che ti fissa, cancelli l’idea dalla tua mente.

    Ti si avvicina, prende una delle tue mani nelle sue. Non capisci, sei confuso, molto confuso. Senti la tua pelle entrare in contatto con una superficie fredda, un metallo. Dopodiché la regina lascia i tuoi arti e ritorna nella sua posizione iniziale. Tu alzi la mano. C’è un anello d’argento sul tuo annullare. Inizi a temere che quella degli Orchi era una balla e che la regina abbia in mente di sposarti. Cerchi di scacciare quel terrificante pensiero e torni a guardare la donna.

    La sua espressione è ancora impassibile.

    -Tranquillo, Alchimie non è ciò che tu pensi. Adesso che hai addosso quel radar posso svelarti cosa dovrai fare.-

    “Aspetta un attimo, radar? Ma stiamo scherzando?”

    Vedi comparire un sorrisetto soddisfatto sul volto della regina.

    -Tieni.- Fa lei avvicinandosi nuovamente a te e depositando un altro aggeggio tra le tue mani.

    Lo sollevi al livello dei tuoi occhi. Un cellulare? Non capisci a cosa può servire, visto che su Extramondo i telefoni umani non funzionano.

    -Vai sulla Terra, dopo alcune ore riceverai un messaggio da parte mia che ti dirà cosa fare. E non provare a fare mosse false, quell’anello ci segnalerà la tua posizione ovunque tu sia.-

    Fregato. “Non dire gatto quando non è nel sacco”, un proverbio molto adeguato alla situazione. Se solo fossi stato più prudente. Maledizione.

    Non puoi fare altro che eseguire gli ordini della regina. Adesso desidereresti più che mai uno di quei quaderni della morte*, uno di quelli si che ti farebbe utile. Peccato sia solo fantasia. Ti volti e cominci a camminare nella direzione del passaggio lunare, anche se potresti più comodamente volare o addirittura teletrasportarti alla tua meta, ma in questo modo puoi riflettere e ne hai di cose su cui pensare.


    *Si riferisce al manga di Death Note, in cui il protagonista scrive su un quaderno dei nomi e quelli che sono stati scritti moriranno.

    Professor (?)



    Il caos cittadino ti ricirconda. Migliaia di persone corrono da una parte all’altra. Tanti sentimenti diversi, che tu puoi vedere. Cuori rossi, rosa, gialli, verdi e viola si alternano. Tokyo è sempre stata una città movimentata. Vedi anche qualche noir, la tentazione di catturarli è forte, ma meglio non rischiare, secondo ciò che ha detto la regina tutti i tuoi movimenti sono sotto controllo.

    Non sai quando arriverà il messaggio con le nuove informazioni, potresti avere ore come secondi, per pensare alla tua situazione.

    Ti dirigi in un viale che conosci molto bene. Durante la tua permanenza sulla Terra ci andavi spesso.

    E’ primavera. E di conseguenza i ciliegi che fiancheggiano il percorso ghiaioso sono in fiore. Tanti petali rosati vengono trasportati dalla mite corrente d’aria.

    E’ pieno di giovani che camminano scherzando per la strada, si godono i pochi momenti di pace che gli restano, tra poco riapriranno le scuole.

    Non devi farti distrare da ciò che ti circonda, ogni secondo può essere fatale.

    “Se la regina mi ha chiamato ha sicuramente bisogno di me. Per essere sicura di non perdermi di vista mi ha messo questo stupido anello che adesso non posso togliere, ma nonostante ciò ha bisogno di comunicare perché mi ha consegnato un cellullare. Uhm… Aspetta, questi cellulare funzionano solo sulla Terra, quindi quando mi manderà il messaggio anche lei si troverà qui!”

    Ti siedi su una panchina e guardi i turisti e il locali fare foto ai bellissimi alberi.

    Che senso ha? Tanto l’anno dopo ci saranno gli stessi medesimi alberi con dei fiori identici. Gli umani non sei proprio mai riuscito a capirli.

    Senti il tuo fondoschiena tremare e una bizzarra musichetta provenire dal medesimo luogo. Prendi l’aggeggio donatoti dalla regina e guardi il display sul quale è comparsa una busta bianca lampeggiante.

    Premi il tasto destro e leggi il messaggio ricevuto.

    “Dirigiti al liceo Hana* e parla con il preside.

    Vanilla Mieux”

    Alla fine dell’SMS vi era l’indirizzo della scuola ma nient’altro.

    Sospiri. Odi fare il burattino. Il ruolo del burattinaio ti si addice sicuramente di più.

    Ti metti a camminare, tanto non puoi fare altro, no?

    Giungi all’edificio dopo alcuni minuti.

    Suoni il campanello a lato del cancello e quando la voce squillante di una donna ti risponde gli chiedi di poter parlare con il direttore. Lei acconsente e le sbarre di metallo davanti a te si spalancano.

    Attraversi il vialetto di sassi tanto bianchi che sembrano frammenti di luna ed entri nel palazzo.

    Chiedi a una professoressa che ha appena finito il suo turno dove si trova la presidenza. Memorizzate le informazioni ricevute ti avvii verso la tua meta e arrivato davanti ad una banale porta marrone, batti più volte le nocche della mano destra su di essa e aspetti una risposta.

    Senti una voce che ti invita ad entrare.

    Entri e ti fermi davanti alla scrivania che si trova al centro della stanza. Dietro un uomo baffuto e con degli occhiali a dir poco ridicoli ti fissa con i suoi occhi cristallini.

    -Benvenuto, lei dev’essere il nuovo professore di chimica. Alchimie, giusto?-

    “Oh, cazzo.” L’unico, pensiero che ti passa per la mente.


    *Fiore


    Secret Heart



    11 aprile. Migliaia di studenti affollano le strade di Tokyo.
    Ti trovi sul tetto della scuola, con le gambe ciondolanti nel vuoto, ad osservare centinaia di formiche munite di zaino e divisa passarti sotto.
    Le lezioni sarebbero iniziate a minuti, eppure tu stai lì, a goderti la placida brezza mattutina.
    Non vuoi essere il monotono professore che entra in classe attraverso una banale porta di legno e che poi fa l’appello cercando di memorizzare i nomi dei propri studenti.
    No, tu sei Alchimie e di conseguenza devi fare le cose in grande!
    Non può essere trascurato nessun particolare, la tua comparsa deve essere sensazionale e dovrà restare impressa nelle menti dei tuoi alunni finché non giungerà la loro ora.
    Ti sdrai e ti affacci alla finestra, di quella che diventerà la tua aula.
    Una ventina di alunni, ognuno seduto al proprio banco, chiacchera allegra. Vedi che sui visi di alcuni di loro compaiono delle espressioni smarrite. Probabilmente si chiederanno dove si trova il loro professore.
    Afferri saldamente il bordo della finestra e ti dai una spinta.
    In un attimo sei al centro della classe, con decine di volti che ti fissano esterrefatti. Obbiettivo compiuto.
    -Buongiorno ragazzi, io sono il vostro nuovo professore di chimica, Alchimie.- Ti presenti, questa volta normalmente, senza particolari “effetti speciali”, eppure la cosa risulta comunque molto strana vista l’azione precedente.
    Squadri la stanza e chi vi è dentro. Ad un tratto noti un banco vuoto, ottima occasione per far vedere a quel gruppo di mocciosi chi comanda.
    -Chi siede in quel banco?-Chiedi indicando l’oggetto appena nominato.
    -Kato Chika, professore.- Fa un ragazzo, che identifichi come lo spione della classe. Sorridi al sentire di quel cognome, bisogna ammettere che è molto popolare in Giappone, eppure per una volta vedi la cosa con una certa positività.
    Ti accomodi sulla sedia sistemata davanti alla cattedra e prendi il registro dalla copertina blu che si trova sul piano.
    Volti le pagine finché non giungi all’elenco dei cognomi e dei nomi dei tuoi alunni. Non avendo argomenti migliori opti per un comune appello.
    Leggi ad alta voce le due parole che determinano l’identità di ogni studente, aspettando la loro risposta. Un tonfo interrompe la tua attenta operazione, seguito dall’entrata di un ragazzo.
    Di quest’ultimo ti colpiscono i bei lineamenti del viso, ed i suoi familiari occhi smeraldo.
    Si china e inizia a parlare freneticamente, ansimando per la recente corsa.
    -…Mi scusi… N-non.. volevo… arrivare in… ritardo…. La prego di perdonarmi.- L’ultima frase la dice tutta d’un fiato, fissandoti con le sue grandi pupille verdi.
    Tu non fiati. Non sai come comportanti davanti a quella scena così patetica, sprecare il tuo ingegno per affibbiarli una micidiale punizione o fargliela passare liscia e continuare la lezione?
    -Vada al posto, Kato, per questa volta sorvolerò.- Gli dici poi, essendo stanco di rimuginare.
    Il ragazzo annuisce felice e si dirige veloce al proprio posto.

    *********************************************************************************

    Il suono della campanella segna la fine della lezione, e centinaia di studenti si dirigono entusiasti verso i cancelli.
    Guardi la ragazza davanti camminare senza degnarti di uno sguardo. In una mano tiene saldamente il manico di una ventiquattrore marrone, mentre con l’altra si sistema i capelli corvini.
    Passate davanti all’uscita della scuola, dove si era formata una folla composta da liceali e non.
    Noti una chioma bionda spiccare in mezzo alla calca. Dev’essere sicuramente Kato. Quando il ragazzo inizia a correre nella vostra direzioni la tua ipotesi viene confermata.
    Ti scosti, notando che l’obbiettivo del biondo non sei tu ma la tua cara Adelheid.
    -Signorina Yakushi, la sue penna.- Disse lui con le guance purpuree, porgendo una stilografica alla ragazza.
    -Grazie.- Fa lei indifferente come sempre.
    Un cristallo rosa splendente, tendente al rosso, brillava nel suo petto. Un lampo di genio, la punizione perfetta, si fa strada nella tua mente.


    King Black Versus White Pawn



    Per un giorno sei felice di dover varcare la soglia del cancello, appartenente a quella struttura infernale.
    E’ un piano così semplice che lo potrebbe capire anche quella decerebrata della regina, ma ciò che conta sono i piccoli, tuttavia essenziali, dettagli.
    Entri nella tua aula con un insolito sorriso. I tuoi alunni ti guardano stralunati. Tu procedi verso la cattedra imperterrito.
    Dopodiché inizi le solite pratiche giornaliere. Ma, neanche per un nanosecondo, quel l’espressione soddisfatta e felice, scompare dal tuo volto. E’ come se stessi già assaporando la vittoria, anzi rivincita.
    Le prima metà della mattinata passa con una certa e, rara, velocità.
    Gusti lentamente, e con un inadeguato orgoglio, i piccoli granelli di riso, che hai preparato sbrigativamente la sera precedente.
    La campanella segna la fine dell’intervallo. Adesso sì, che ci si comincia a divertire.
    Raggruppi la tua classe e la scorti fino all’aula magna. Ogni ragazzo si siede, più o meno ordinatamente, su una delle centinaia di sedie predisposte. Solo il tuo obbiettivo non compie questo gesto.
    Infatti il biondo sale sul palco, stringendo fra le mani un mucchio di fogli stropicciati, segnati da diversi segni di inchiostro.
    Ti accomodi anche tu su una delle sedie che riempiono la sala, ed ascolti, con un singolare interesse, il discorso del tuo alunno.
    Non noti nulla di strano nella lunga tiritera; la sua voce esita in alcuni punti, tradendo il suo stato d’animo, ma parlando davanti a centinaia di ragazzi e genitori, essere nervosi non ti sembra un fatto così anomalo.
    Finalmente la lagna è finita e puoi dar sfogo al tuo ingegno.
    Vedi la corvina salire i gradini che conducono al modesto palco. Giunta davanti al ragazzo gli consegna un rotolo di carta avvolto in un nastro rosso.
    Ora. Un battito di mani e tutto si immobilizza.
    Ogni cosa e persona è paralizzata, fatta eccezione per te e per il ragazzo. Prima di goderti la tua truce vendetta, volti lo sguardo al pubblico, dove auspichi di intravedere una chioma castana tendente al rosso e una di un biondo intenso. E infatti è così, individui i due, sono in uno stato di staticità, eppure possono vedere e soprattutto sono in grado di udire.
    Il ragazzo è agitato, non capisce.
    Le tue labbra si muovono cantilenando suoni sconosciuto all’orecchio umano. D’un tratto gli occhi del giovane diventano bui, cupi.
    I suoi arti inferiori iniziano ad oscillare, fino a schiantarsi contro il suolo. La sua testa pende, amorfa, sulla spalla.
    Ridi, eccome se ridi. Lo fai di gusto, ben consapevole della presenza dei tuoi spettatori.
    Un oggetto scuro sembra voler uscire dal ragazzo, come attratto da un’invisibile calamita. Lentamente si muove, dotato di una propria essenza.
    Ecco, pochi metri ti separano dal tuo più infimo sogno: la vendetta.
    I tuoi occhi brillano, davanti allo splendore di tale oggetto. Pieghi le dita della mano, per attirare a te quella fantastica ed indefinibile presenza. Hai paura, moltissima paura.
    Un terribile terrore di risvegliarti nel tuo letto, grazie al fastidioso suono della tua sveglia. No, no, non può essere un sogno, non deve esserlo.
    Ma ogni sogno nasconde un incubo.
    Veloce, veloce come una saetta, è la cosa che distrugge la tua gloria. Rapida quanto dolorosa. Non ti accorgi nemmeno della perdita del mai posseduto, ma tanto bramato, oggetto.
    Realizzi solo alcuni secondi dopo ciò che è accaduto. La tua disfatta, ecco cosa. Avevi progettato tutto nei minimi particolari, prima, adesso e… Cosa succederà dopo? La tua stupidità è pari solo al tuo ingegno.
    Osservi impotente la donna dirigersi verso il corpo atterrito del ragazzo.

    “Ma ciò che conta sono i piccoli, tuttavia essenziali, dettagli.”



    L’hai detto tu stesso, maledizione! Proprio tu! Merda, perché il fato non è mai dalla tua parte? E’ forse perché sei malvagio? No, infondo chi può decretare cos’è puro e cosa non lo è?
    Senti le forze cederti. Avevi pianificato così bene la tua partita, ed ora, per una piccola ed incalcolabile pedina, sei fottuto. Scacco matto. Ritirati re nero, un pedone bianco ti ha sconfitto con una sola mossa.
    Basta. Lasci cadere le palpebre che da tanto fremono in quell’impulso. Anche il tuo corpo cade, precipita nell’obblio dell’ignoto.
     
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